lunedì 23 dicembre 2024

La maglia dell'Hellas Verona - L'omaggio celebrativo per i 40 anni dallo scudetto

Ho sempre subito il fascino della maglietta del Verona. Ho sempre apprezzato le idee grafiche della squadra scaligera. Ricordo le bellissime maglie degli anni’80, ma anche quelle dei primi anni ’90. A Verona hanno sempre dato molta importanza alle grafiche e, da collezionista, non posso che apprezzare questo tipo di attenzioni. Conservo gelosamente la maglietta di Toni di quando divenne capocannoniere a pari reti con Icardi nel 2014/2015 esattamente 10 anni fa. 

Quest’anno, quando ad agosto è stata presentata la prima maglia, sono rimasto a bocca aperta nel rivedere riprodotta fedelmente la maglia dello scudetto della stagione 1984/1985. 


Devo anche dire che nel 2013 ho fatto il mio esordio nella Nazionale Italiana cantanti proprio a Verona contro le vecchie glorie dell’Hellas Verona.


Giusto per i più giovani è doveroso ricordare che lo scudetto di quella stagione fu vinto dal Verona in modo del tutto inaspettato, per fare un esempio recente, un po’ come quando il Leicester di Ranieri, partito con il solo obiettivo di salvarsi, vinse la Premier League nel 2015/2016. 

Ad onor del vero bisogna però dire che il Verona, non solo non aveva come obiettivo quello della salvezza, bensì  erano già un paio d’anni che stava disputando della grandi stagioni, dal suo ritorno in Serie A aveva ottenuto un quarto posto con finale di Coppa Italia raggiunta e un sesto posto con qualificazione in Coppa Uefa ed ennesima finale di Coppa Italia. Quell’anno per il decisivo salto di qualità arrivarono il tedesco Briegel e il danese Elkjaer Larsen che tra i suoi nomi aveva anche Preben, me lo ricordo perchè, per darvi l’idea dell’impatto che ebbe  e ha continuato ad avere tra i veronesi, la mia collega radiofonica Francesca Cheyenne, veronese doc, aveva chiamato il suo cane Preben.   

Allenatore Osvaldo Bagnoli,  presidente Celestino Guidotti, che aveva appena venduto a Chiampan, restando però alla presidenza , bomber della squadra Giuseppe “Nanu” Galderisi. Bruni, Marangon, Tricella, Fanna, Di Gennaro, il portiere Garella, che poi vincerà un altro scudetto a Napoli con Maradona, sono alcuni giocatori della squadra allestita dal mitico General Manager Emiliano Mascetti che riuscì a regalare una delle più grandi gioie, se non la più grande, al popolo veronese.


Tornando alla maglietta celebrativa di quest’anno, la sorpresa più grande l’ho avuta quando ho avuto modo di poterla toccare con mano. Materiale leggerissimo e piacevolissimo al tatto. Inutile dirvi che l’idea di celebrare i quarant’anni dallo scudetto riproponendo fedelmente la maglia di quell’anno l’ho trovata perfetta. 

“Appena abbiamo firmato con Joma, l’unica cosa certa che avevamo era che nel 2024/2025 saremmo usciti con questa maglietta. Ci stiamo lavorando da diversi anni, per noi era quasi scontata come cosa e non c’è stato un momento particolare in cui abbiamo deciso, lo dovevamo fare e basta.” 

A parlare sono i ragazzi che seguono il marketing e l’area commerciale dell’Hellas Verona, ragazzi che trasudano entusiasmo e che trasmettono tutta la passione che ci mettono per rendere uniche le maglie e tutto il materiale gialloblu.

“Questo tipo di materiale, più leggero del solito, era l’unico che ci permetteva di poter replicare l’esatta distanza delle righe fedelmente all’originale e Joma in questo ha fatto un ottimo lavoro. Per raggiungere il risultato finale Joma non c’ha mai mandato campioni definitivi, bensì varie tipologie di tessuto, mentre a livello grafico, quando abbiamo firmato 2 anni fa sapevamo già esattamente che la maglia di quest’anno sarebbe stata esattamente così.”


Appurato che la per la prima maglia ci sarebbero stati pochi dubbi, andiamo a vedere le altre due:



“Per la seconda maglia, quella away e solitamente bianca, abbiamo preso spunto dalla Coppa dello Scudetto dell’epoca consegnata per la vittoria, che aveva una base marmorea.” Durante la nostra conversazione ho scoperto una bella iniziativa riguardante la terza maglia: ”La terza maglia è dedicata alla nostra fondazione Hellas Verona Foundation, per l’eleganza e i temi trattati abbiamo voluto utilizzare per tutti i dettagli il color oro. Con la Fondazione siamo molto attivi nell’aiutare le associazioni del territorio. Ogni maglietta utilizzata dai giocatori in campionato viene venduta all’asta e il ricavato, tramite la Fondazione, viene devoluto alle varie associazioni”.


Quali reazioni avete avuto tra i tifosi?

“Ottime, le maglie sono piaciute immediatamente, ovviamente con prevalenza per la prima” Confermo e vi invito, se ne avete la possibilità, a toccarne una, lo so corro il rischio di ripetermi, ma al tatto è veramente piacevole.

Mi sono ripromesso di andare presto a vedere una partita del Verona, il Bentegodi regala sempre grandi emozioni e soprattutto quest’anno guardando in campo la squadra giocare con questa iconica maglietta.

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giovedì 12 dicembre 2024

Il Fallimento Cecchi Gori, Angelo Palombo e il suo esordio con Mancini

La stagione 2001/2002 è quella del fallimento. L’ultima stagione della dinastia Cecchi Gori che in dieci anni ci regalò grandissime soddisfazioni, giocatori fortissimi, grandissime ambizioni, momenti epici, che, però, terminarono nel luglio 2002 quando la Fiorentina fu dichiarata fallita.

Ricordo benissimo quella stagione, perchè una mia cara amica lavorava per la Toyota, main sponsor della squadra. Ogni partita in casa andavo allo stadio e spesso capitava anche di pranzarci, non come adesso a buffet, ma proprio seduti. Non esisteva una vera e propria hospitality, ma per un numero veramente ristretto di persone era riservata questo tipo di accoglienza molto particolare. Oggi ci sono almeno 6/7 salette dedicate alle varie ospitalità, a seconda del colore del braccialetto ecc, oltre a tutti gli skybox che hanno un buffet a loro dedicato. Uno dei vantaggi nell’assistere alle partite in tribuna Autorità era anche quello di capitare vicino ai dirigenti delle squadre avversarie. Una partita capitai accanto all’allora presidente del Lecce Mario Moroni che a fine partita mi regalò la maglietta del capitano Conticchio. La conservo gelosamente.


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Tornando a quella stagione disastrata, che le cose non sarebbero andate per il verso giusto lo si capì quando dopo poche giornate si fece male Chiesa, vera anima e trascinatore di quella squadra. Dal suo infortunio la Fiorentina iniziò un viaggio senza freni verso il fondo della classifica. Durante il mercato di gennaio arrivò quasi a sorpresa Adriano che veniva avvistato in ogni ristorante brasiliano di cui Firenze all’epoca era ben fornita…

In quella squadra forse non tutti si ricordano che faceva capolino dalle giovanili Angelo Palombo, che poi avrebbe fatto una grandissima carriera tra Samp, Nazionale e anche una breve parentesi all’Inter. “Avrei dovuto già esordire con Trapattoni, ma mi ruppi il ginocchio in Under 20 e così iniziai a frequentare la prima squadra con Terim, ma l’esordio vero e proprio fu in Coppa Italia contro il Como con Mancini in panchina.

Avevamo perso 2-0 all’andata e avremmo perso con lo stesso risultato anche al ritorno. Ero emozionantissimo, come squadra venivamo da un periodo brutto e Mancini mi dice che avrei dovuto giocare da trequartista, premetto che se me lo avesse chiesto avrei giocato anche come portiere, però io ero un centrocampista centrale e, quindi, quando mi disse come avrei giocato feci un faccia che i miei compagni si misero a ridere… Per poco non segnai anche un goal che se ci fossero stati i social sarebbe diventato virale.”

A rivedere i nomi di quella stagione si fa fatica a credere che, a prescindere dal fallimento, siate retrocessi sul campo: “Eravamo una grandissima squadra: Chiesa, Mijatovic, Torricelli, Di Livio, Adani, Nuno Gomes, Cois, gente che avevo visto in televisione fino a qualche mese prima e con in quali adesso condividevamo lo stesso spogliatoio. Ricordo Adriano contro il Milan al 90° si portò dietro Maldini e Costacurta, non proprio due qualunque segnando la rete del pareggio… Una roba pazzesca. Però se vai ad analizzare nel dettaglio: l’infortunio di Chiesa fu una bella botta, la mancanza di una figura societaria presente, in condizioni normali non saremmo mai retrocessi, il gruppo era sano.” Angelo tu arrivavi dalla primavera, i senatori come si comportavano con te, con voi giovani? “Considera che io prima di farmi male mi allenavo regolarmente con Edmundo, Bati , Rui Costa, era un sogno e noi giovani portavamo rispetto, ricordo Cois e Adani che in allenamento erano piuttosto duri con noi, ma non con cattiveria, bensì per farci crescere e farci rendere conto di dove eravamo. Al giorno d’oggi per un ragazzo sarebbe dura accettare quel tipo di comportamento, ma io devo ringraziarli.”

Se la Fiorentina non fosse fallita tu saresti rimasto? “Certo che si, a fine stagione arrivò Fascetti che credeva nei giovani, quindi per me sarebbe stato l’ambiente perfetto e la Serie B quell’anno l’avremmo vinta a mani basse, quindi ti dico che,  conoscendomi, sarei rimasto a vita a Firenze. Basta guardare la mia storia con la Samp, in tanti mi dicono che avrei potuto guadagnare di più e giocare in grandi squadre, ma io non rimpiango niente, anzi ho sempre messo avanti la qualità della vita e delle persone. In vita mia ricordo due pianti bruttissimi: il fallimento della Fiorentina perchè forse lo vivevo come la fine di un sogno che avevo assaporato e che mi piaceva tantissimo e la retrocessione con la Samp. Le due cose invece che mi fanno venire ancora i brividi se ci penso sono i cori dei tifosi della Samp a Marassi e il coro che i tifosi viola facevano a Batistuta (Bati Bati Bati Goal), facevo il raccattapalle e credimi ho ancora la pelle d’oca se ci penso.”

Se non ti fossi fatto male avresti esordito con il Trap.

“Con la Nazionale giocammo contro l’Irlanda allenata proprio dal Trap, nel tunnel per entrare in campo mi disse: Cinghialotto (lui mi chiamava così ndr) hai visto dove siamo? Hai visto che non mi sbagliavo su di te?”

 Le maglietta di quell’anno erano prodotte dalla Mizuno, prima ed unica volta, che legami hai con le maglie, le hai conservate, le collezioni?

“Devo ringraziare mio padre, perchè quando giocavo mi rompeva per dargliele, io invece preferivo regalarle a chi me le chiedeva, mi piaceva regalare qualche attimo di felicità ai tifosi e agli appassionati, proprio poco tempo fa, però, quando sono tornato a casa e ho visto tutte quelle che ha conservato, l’ho ringraziato perchè altrimenti ad oggi non ne avrei avuta nemmeno una. Della Fiorentina ricordo la mia prima maglia personalizzata con la Fila, mentre alla Samp venivo interpellato soprattutto per i materiali, poi io condividevo con lo spogliatoio e se c’erano richieste particolari mi facevo portavoce. Della Samp la maglia più bella che ricordo è la prima con Asics”.

Angelo ha smesso di giocare a calcio qualche anno fa, adesso fa l’allenatore e a breve inizierà un’avventura molto particolare con la “Kings League” creata dall’ex difensore di Spagna e Barcellona Pique.

“Sarò l’allenatore, inizieremo a gennaio, presidente Er’ Faina, Paolo Bonolis direttore sportivo e in porta ovviamente ci sarà il nostro grande amico e tifoso viola Emiliano Viviano, il mio motto sarà: Ho vinto, avete perso… AHAHAHHAHA.”

Da gennaio tutti a seguire la Kings League e a tifare per Angelo ed Emi. 

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giovedì 5 dicembre 2024

Marchionni e il ricordo di Firenze

 Oggi parliamo della maglietta della stagione 2011/2012.

E’ sicuramente il periodo al quale sono legato maggiormente a livello personale perchè, come hi già ho avuto modo di raccontare all’interno di questa rubrica, i giocatori erano tutti miei coetanei e con molti di loro avevo stretto un bel rapporto di amicizia che dura ancora oggi.

Ogni volta che tornavo a Firenze, a quel tempo infatti vivevo stabilmente a Milano andando ogni giorno in onda in radio, l’occasione era buona per andare a cena insieme con i giocatori e, impegni permettendo, seguivo la squadra anche in trasferta, in Italia e in Europa.


“Quello della Champions è stato un anno magico, forse non eravamo la Fiorentina più forte della storia, ma il gruppo era talmente bello e unito che facemmo cose pazzesche”.

Marco “Marchino” Marchionni oggi allena, con ottimi risultati, il Ravenna ed è uno dei ragazzi con i quali nonostante la distanza, i trasferimenti ecc, ho mantenuto una bella e sana amicizia.

La storia di Marchionni e del suo rapporto con Fiorentina è particolare perchè nasce molti anni prima del suo vero approdo in maglia viola.



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“Giocavo nell’Empoli, all’inizio della stagione 2001-2002 vengo acquistato dalla Fiorentina, era tutto fatto, poi però al tempo la squadra viola non viveva un bel momento a livello societario (proprio la stagione 2001/2002, iniziata con Mancini allenatore, sarebbe stata quella che avrebbe portato al fallimento) e, nonostante fosse già tutto firmato, l’accordo fu annullato e io andai al Parma, poi però, come vedi, era destino che sarei dovuto venire a Firenze…”


Si esatto un destino che ha fatto un bel giro, un ruolo decisivo lo ebbe  Mister Prandelli che Marchionni aveva avuto come allenatore proprio a Parma. “Dopo Parma andai alla Juventus, ma avevo mantenuto un bellissimo rapporto con il Mister e così quando si crearono i presupposti per tornare a “lavorare” insieme fui felicissimo. Alla Juve eravamo alla fine di un bel ciclo, a Firenze il Mister aveva bisogno di un giocatore con le mie caratteristiche e così tutti i tasselli andarono a loro posto.” Era il 2009 l’anno del famoso scambio con la Juve: Felipe Melo alla Juve, Marchionni, Zanetti e una barcata di soldi alla Fiorentina: ”In verità io arrivai un po’ prima di quello scambio e proprio parlando con il Mister mi fece presente della necessità di un centrocampista e io gli segnalai Zanetti che, come sicuramente ricorderai,  fu protagonista di una grande stagione.” 




Esatto, tra l’altro anche Zanetti con una storia particolare legata alla Fiorentina, cresciuto nelle giovanili viola, esordio in Serie A e poi ceduto, dopo vari prestiti all’Inter. Tornando a Marchionni e alla Fiorentina “Quella del 2009/2010 fu un stagione pazzesca, solo quel torto arbitrale di Ovrebo rovinò il nostro cammino, unica squadra a vincere il proprio girone e a non superare gli ottavi di finale. L’addio di Prandelli a fine stagione ci sorprese, ma fino ad un certo punto, era evidente che era finito un ciclo. Un altro ricordo di quella stagione fu quando vincemmo con il Liverpool e nello spogliatoio vidi i volti sorpresi di alcuni miei compagni, mi meravigliai e dissi che non dovevamo sorprenderci di quello che stavamo facendo, ma che da quel momento doveva diventare la normalità”.


Il tuo ultimo anno in Fiorentina è coinciso forse con un dei momento più buoi della storia viola, l’esonero di Mihajlovic, la vicenda Rossi-Ljiajic, la salvezza raggiunta all’ultima giornata con Guerini in panchina.

“Col senno di poi sarebbe stato meglio se fossi andato via prima da Firenze, avrei dovuto rendermi conto prima che il mio tempo era finito, invece rimasi e sia Sinisa prima, che Rossi dopo, non mi fecero quasi mai giocare, salvo chiamarmi in causa alla fine del campionato a Lecce in un match decisivo per la salvezza dove fortunatamente vincemmo e ci salvammo, Guerini, terzo allenatore della stagione e fino a qualche settimana prima club manager, mi chiese se me la sentissi di giocare e io ovviamente risposi di sì.  La cosa bella è che nonostante non giocassi e la squadra non andasse benissimo, i tifosi mi volevano un gran bene e anzi mi fermavano per strada chiedendomi per quale motivo non giocassi. Non sarei mai andato via da Firenze e comunque nonostante tutto anche in allenamento davo sempre il massimo.”


Cosa ricordi dell’episodio di Ljajic e Rossi?

“Mi stavo riscaldando, ad una certo punto, se non sbaglio eravamo al 30’ del primo tempo, eravamo sotto di due reti, Rossi sostituisce Ljiajic, succede quello che poi avete visto tutti, ma la cosa pazzesca è che tra il primo e il secondo tempo nello spogliatoio sembrava non fosse successo niente, per fortuna nel secondo tempo pareggiamo con doppietta di Montolivo e le cose si misero un po’ meglio”.


Che rapporto hai con le maglie, le collezioni?

“In verità non le colleziono, le uniche che mi faceva piacere e che scambiavo a fine partite erano con gli amici, con quelli con cui avevo giocato in passato. Una cosa che però ai tempi non capivo è perché alcuni miei compagni indossassero la maglietta a maniche corte con la maglia termica sotto. Adesso so benissimo che, tranne in rari casi, le maglie a maniche lunghe non vengono più prodotte, ma ai miei tempi si e non la capivo come cose, oppure quelli che giocavano con le maniche corte e con i guanti… mah ?! Personalmente non avevo pretese, i magazzinieri sapevano che io da ottobre ad aprile giocavo con la maglia a maniche lunghe”.

E una di quelle magliette la conservo gelosamente con una bella dedica.


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mercoledì 4 dicembre 2024

La maglia dell'Empoli - Rebecca Corsi ci racconta com'è nata la maglia di quest'anno.

 Il DJ Carlo Carletto Nicoletti, nostro storico collaboratore (autore e produttore della WebSerie GoalCar lanciata proprio dal nostro network), ci presenta e ci racconta aneddoti, curiosità e particolari inediti sulle maglie da gioco, palloni, scarpe e tanto altro ancora che hanno fatto e continuano a fare la storia del calcio non solo italiano.

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Per info e contatti potete scrivere a: originalcimelio@yahoo.com



Empoli ha poco meno di 50.000 abitanti e oltre 7.000 abbonati allo stadio.

Fate un rapido conto e vi renderete conto del rapporto pazzesco che c’è tra abitanti/abbonati e del piccolo miracolo che ogni anno si ripete in questa piccola città toscana.


A Empoli il calcio è una questione di famiglia, e la famiglia in questione è quella Corsi. 

Fabrizio, il capostipite, è il presidente dal luglio del 1991, ben 33 anni, e sotto la sua presidenza l’Empoli si è ritagliato uno spazio importantissimo nel panorama calcistico italiano raggiungendo anche la qualificazione in Coppa Uefa e regalando numerosi talenti grazie ad un settore giovanile eccezionale riconosciuto a livello internazionale: interminabile l’elenco di giocatori approdati nei top club italiani ed europei usciti dalla cantera dell’Empoli.


Da qualche anno accanto al Presidente è sempre più presente la figlia Rebecca, attualmente vice presidente, CEO dell’Empoli e consigliera in Lega Serie A, prima donna dai tempi di Rosella Sensi.


La prima volta che ho sentito parlare di Rebecca è stata una decina d’anni fa circa quando con la nazionali italiana cantanti andai a giocare una partita di beneficenza allo Stadio “Castellani” di Empoli, quando entrammo negli spogliatoi rimanemmo a bocca aperta per l’arredamento, la cura dei dettagli e, vedendo il nostro stupore, i custodi dello stadio ci dissero che il merito era della “Figlia del Presidente”, si esatto dissero proprio così, perché a quel tempo ancora era solo la “Figlia del Presidente”.


La seconda volta che ho sentito parlare di Rebecca è stata con il mio amico DJ Federico Scavo che da quest’anno intrattiene i tifosi prima delle partite allo Stadio “Carlo Castellani Computer Gross Arena” di Empoli con i suoi DJ Set. “Carletto non puoi capire che entusiasmo mi ha trasmesso Rebecca, grazie a lei e ai ragazzi di Empoli mi sono riavvicinato al calcio dal quale mi ero allontanato ormai da diversi anni.”


“La Figlia del Presidente” oggi è Rebecca Corsi e basta. 

Un donna schietta, intelligente, diretta e con le idee molto chiare: “All’Empoli mi sono occupata e ho seguito tutti i comparti aziendali nessuno escluso, dopodiché, essendomi laureata al Polimoda in  Marketing Strategico, è stato naturale occuparmi del marketing nell’Empoli. Ovviamente all’inizio un po’ di pregiudizi ci sono stati, com’è normale che fosse del resto, però credo in questi anni di aver dimostrato di saperci stare in questo mondo e di avere anche diverse cose da dire e soprattutto fare. Vivo e mi nutro di pressione e, purtroppo o per fortuna, metto pressione anche alle persone che lavorano con me”.


La mano e la pressione di Rebecca in questi anni si sono fatte sentire a cominciare dal rebrand del logo, al rinnovamento del Centro Sportivo di Monteboro e, chiaramente, alle maglie da gara.


Si perchè il motivo della nostra chiacchierata ovviamente riguarda la maglietta, come nasce, chi la pensa, quanto dura la gestazione: “Le maglie sono roba mia e di Gianmarco Lupi (Direttore Organizzativo dell’Empoli). Paradossalmente, nonostante abbia fatto il Polimoda, un mio cruccio enorme è quello di non saper disegnare.”


Dal 2018 l’Empoli è legata all’azienda italiana Kappa “Sono molto contenta e soddisfatta di questa sinergia che è nata, Kappa rispecchia esattamente i nostri valori, ha un’impostazione aziendale molto simile alla nostra e sono contenta di aver rinnovato l’accordo con loro per altri 5 anni.”



Le maglie di quest’anno a me piacciono in modo particolare, ma non dev’essere semplice ogni anno inventarsi qualcosa di nuovo, come nasce lo sviluppo grafico della maglia? Parte da voi, parte da Kappa? “Kappa ci manda una decina di proposte con i nuovi materiali e le loro idee grafiche, a quel punto la palla passa a noi che andiamo ad apportare le nostre modifiche. Comincio a mischiare le carte in tavole, ma con alcuni punti fermi: non mi piacciono troppi colori sulla maglia, massimo due, e con il presupposto che la prima maglia debba assolutamente mantenere il suo azzurro tradizionale, te lo dico perchè, devo ammettere che in qualche stagione abbiamo sbagliato pantone…”


 

Rebecca quest’anno con i dettagli e gli sponsor giallo fluo sulla prima maglia avete quindi osato: “Quello del Fluo è stata un’idea di Gianmarco, però una volta trovato l’accordo con gli sponsor, perchè ovviamente ognuno ha i propri colori e le proprie necessità, il risultato è stato davvero molto bello.”



Chiarita la presenza del fluo sulla prima maglia andiamo a vedere le altre due maglie che, come ho scritto in precedenza, ho apprezzato molto. “Considerando che, come ti ho detto, sulla prima maglia voglio mantenere la tradizione, sulle altre due ci concediamo qualche “licenza creativa” e quest’anno abbiamo voluto rendere omaggio alla nostra città sia per quanto riguarda la seconda maglia, storicamente bianca, sia per quanto riguarda la terza. Per la seconda ho sposato l’idea di Kappa. Mi è subito piaciuto l’effetto marmo e di conseguenza è stato naturale l’omaggio alla Collegiata di San’Andrea, ero solo titubante sulle tonalità dei numeri, non volevo che facessero effetto “macchia” e con la tonalità grigia ci siamo riusciti. Per la terza invece devo farti una premessa doverosa: la terza maglia è solitamente la maglia più “rischiosa”, mi piace stravolgere, ma rimanendo fedele alla tradizione. Non volevo che la presenza del rosa fosse troppo prevalente così, quando siamo arrivati alla soluzione che hai visto (la maglia utilizzata con la Lazio a Roma,) mi sono immediatamente convinta perchè i graffi rosa rappresentano i graffi di un leone che tagliano il tessuto, da qui l’omaggio alla Piazza dei Leoni (Piazza Farinata degli Uberti ndr) e i graffi del leone sono presenti anche sul pullman della squadra.”


Mi è sembrato scontato chiederle se il padre “interferisca” o comunque dica la sua sulle maglie: “Guarda se fosse per mio padre noi giocheremmo con la maglietta color vinaccia (sembra che la prima partita dell’Empoli nel 1920 fu giocata con una maglia di una tonalità rossa non ben definita, per alcuni un rosso non troppo vivo, per altri più vicino all’amaranto. Nell’anno del centenario, nel 2020, l’Empoli ha disputato 3 partite casalinghe con la maglietta color vinaccia), e comunque no non interferisce sulla creazione delle maglie” e te invece hai la possibilità di dire la tua in ambito sportivo? “Non l’ho mai fatto e mai lo farò, l’unica cosa che ho fatto, qualche volta, è stato esprimere la mia opinione sulla scelta di qualche persona da far entrare in società, ma non in ambito sportivo. Mio padre non lo ammetterà mai, ma so che ha tenuto in considerazione la mia opinione a riguardo…”.

Una delle scene che più mi piacciono è vedervi inquadrati in televisione l’uno accanto all’altra allo stadio: “Ma te lo sai che io la partita nemmeno la guardo? O meglio, ovvio che segua le fasi dell’incontro, ma devo stare più attenta a mio padre che durante le partite è come se andasse in trance agonistica. Non riconosce amici, conoscenti, nessuno e pensa: se qualcuno prima che finisca la partita, stiamo vincendo, lascia lo stadio e passa a salutarlo facendogli i complimenti per la vittoria si arrabbia… Quindi immaginati come potrò vivere la partita…”.



Con Rebecca si parla di tutto, si spazia da quello che sarebbe il suo colore preferito (Blue Navy: la comunicazione, il pullman e in passato anche qualche maglia dell’Empoli è stata di questo colore), alle nuove tecnologie: “Quest’anno con mio fratello Gherardo e la Wov Labs abbiamo messo a punto un sistema particolare per regalare un’esperienza speciale ai nostri tifosi. Sulla maglia gara, sotto lo stemma della squadra, abbiamo inserito un chip che se inquadrato con lo smartphone ti dice se la maglia è autentica oppure o no, e questo è solo l’inizio perchè in un futuro nemmeno tanto prossimo, ci piacerebbe che con lo stesso sistema allo stadio i nostri tifosi possano avere accesso a tutti i tabellini, le note e le info sulla gara in corso.”



Abbiamo parlato dello stadio presentato qualche mese fa: “Nella migliore delle ipotesi potremmo giocarci la prima partita fra tre anni esatti, ma meglio non crearsi false illusione e diciamo che quattro anni potrebbe essere il tempo giusto per la conclusione dei lavori”.


Un'ultima domanda: c’è qualcosa che vorresti fare, un desiderio da realizzare?

“Nella mia testa ho già in mente tutta una serie di migliorie per il nostro centro sportivo di Monteboro, ma non farmi dire altro…”


Fa piacere sapere che dietro a squadre come l’Empoli ci siano persone come Rebecca e suo padre Fabrizio. Come si dice in questi casi: “Sono cose che fanno bene al calcio”. 


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Il ritorno in Europa e del giglio alabardato

Quando mi chiedono quale sia la mia maglia preferita degli ultimi anni rispondo senza dubbio quella del 2021/2022. Ve la ricordate? Quella d...